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La stampa 3D e la robotica cominciano ad affondare le radici nelle aziende del made in Italy, rendendole più competitive sul mercato internazionale: circa una su tre utilizza già queste tecnologie. Ciò che adesso manca è portare a sistema questi progressi. L’evoluzione tecnologica, se estesa a tutte le piccole e medie imprese del made in Italy, può valere 8,6 miliardi di euro di crescita annua del valore della produzione industriale, 39mila nuovi occupati e un valore aggiunto addizionale di 4,3 miliardi di euro.
Sono le stime del “primo rapporto sull’impatto delle tecnologie digitali nel sistema manifatturiero italiano”, realizzato da Fondazione Nord Est e Prometeia per la Fondazione Make in Italy. Il campione — si legge — sono mille aziende rappresentative del made in Italy con ricavi superiori a un milione di euro (nel 2013).
Si può dire che le tecnologie dell’industria digitale sono in grado di portare quella crescita al sistema Paese poiché le aziende che le hanno già adottate sono andate meglio delle altre, dal 2012 al 2014, secondo le stime del rapporto. Hanno sfidato la crisi, con una migliore redditività e un maggiore valore aggiunto.
La diffusione delle tecnologie di stampa e scanning 3D nelle aziende
In particolare, il 30,5 per cento delle aziende dichiara di utilizzare stampa 3D o robotica. Il 34,9 per cento usa tecnologie meno evolute: laser o “macchine a controllo numerico” (lavorano in base a un programma automatico, senza intervento umano). Solo il 18,6 per cento delle aziende non utilizza nessuna di queste quattro, ma le novità più promettenti sono le prime due.
È il 25 per cento delle aziende a usare la stampa 3D. Lo fanno soprattutto nel settore dei gioielli, metalli preziosi e in quello dentale (42,6 per cento). A seguire, le aziende che fanno macchine e mezzi di trasporto (32,4 per cento), gomma e plastica (26,9 per cento), legno e mobilio (23,5 per cento) e metallurgia (22,1 per cento). In coda la moda (10,6 per cento).Il made in Italy usa la stampa 3D soprattutto per creare prototipi dei prodotti. Le piccole e medie imprese possono così ridurne i tempi di realizzazione, coinvolgere i clienti nella progettazione o fare modelli personalizzati per il singolo acquirente. Un altro utilizzo interessante — dichiarano le aziende italiane — è la possibilità di fare oggetti con forme e geometrie prima impossibili.
Tuttavia, il made in Italy non ha ancora imparato a sfruttare al meglio le potenzialità delle nuove tecnologie.

Solo il 30 per cento delle aziende che usano la stampa 3D dichiara di averne avuto un “impatto significativo”. Un altro grosso potenziale ancora da sfruttare viene dal fenomeno dei Fab Lab, laboratori dove si sperimentano differenti usi della stampa
3D: ormai un centinaio. La loro crescita, si legge nel rapporto, “è riconducibile in parte all’esplosione del fenomeno maker, in parte alle politiche pubbliche di sostegno (come in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia)”.

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