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La nuova edizione del rapporto «L’Italia del riciclo» della Fise Unire (l’associazione di Confindustria che raccoglie le aziende del ricupero rifiuti) e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile  ha evidenziato un dato “curioso” circa la situazione rifiuti in Italia: il nostro è il paese con  la più solida industria del riciclo in Europa, importa come materie prime da riciclare 5,9 milioni di tonnellate di rifiuti (soprattutto rottame di ferro di cui abbisognano le acciaierie) e nel frattempo paga per esportare 450mila tonnellate di spazzatura (non materiali da riciclo) da bruciare a caro prezzo come combustibile negli impianti di teleriscaldamento di Germania e Olanda.

Il rapporto non si limita a censire i soli imballaggi riciclati attraverso le raccolte differenziate comunali: è il ritratto su dati 2014 dell’intero settore della rigenerazione dei materiali, anche quella che passa direttamente dall’industria che produce residui riutilizzabili all’industria che li usa come materie prime.

 Dal rapporto si evince che tutti i settori del ricupero sono in crescita. Ovviamente aumenta la rigenerazione degli imballaggi, 7.800 tonnellate compresi quelli industriali.

L’Italia ha un’antichissima e consolidata industria di rigenerazione, nata in Italia secoli fa (quando non millenni fa, con la siderurgia degli etruschi) e molti Paesi spediscono i loro sottoprodotti a riciclare in Italia. I rifiuti importati dall’Italia nel 2014 hanno raggiunto 5,9 milioni di tonnellate, in gran parte costituiti da rottami ferrosi destinati alle acciaierie lombarde e friulane, mentre 3,8 milioni di tonnellate sono stati esportati, con una prevalenza di carta straccia e materie plastiche.

Per i materiali da imballaggio sono altissimi i tassi di riciclo di carta (80%), acciaio (74%), alluminio (74%) e vetro (70%).

«Il riciclo in Italia è riuscito a resistere alla recessione prolungata restando competitivo», osserva Anselmo Calò, presidente dell’Unire. «Ma è necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica, migliorare la qualità dei materiali raccolti, razionalizzare e semplificare il contesto normativo». Sottolinea Calò che l’Europa ha appena varato il pacchetto sull’economia circolare la cui applicazione in Italia è impedita da «punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni».

Aggiunge Edo Ronchi, il presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che quand’era ministro dell’Ambiente aveva impostato la legislazione sul riciclo, che «con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e di fronte ai nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore».

 

Fonte: Il Sole 24Ore

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