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Con gli accordi del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) siglati il 14 luglio scorso si è formalmente riaperta una nuova fase delle relazioni commerciali con la Repubblica Islamica dell’Iran, la seconda economia della regione mediorientale, attesa in forte crescita per i prossimi anni. Una nazione con la quale il nostro Paese ha intrattenuto nel passato ottimi rapporti commerciali e che SACE stima possa tornare a rappresentare un rilevante sbocco di crescita del nostro export, con un incremento di circa 3 miliardi di Euro nei prossimi tre anni.

In prima fila c’è l’intera filiera della meccanica strumentale: produttori di macchine per il taglio di pietre ornamentali, di macchine per il tessile, di turbine per maxicentrali. A seguire gli altri comparti meno «pesanti» ma ugualmente attratti da un mercato dalle grandi potenzialità: la filiera del legno-arredo, del gioiello, l’agroalimentare, la moda. L’Iran è giudicato dalla quasi totalità dalle pmi italiane come una opportunità da cogliere al più presto. Lo conferma il fatto che dopo l’accordo di luglio si sono intensificate le missioni imprenditoriali di sistemaverso Teheran.

La ragione di questa velocità d’approccio è da cercare nella consuetudine di rapporti che storicamente vanta il mondo imprenditoriale iraniano con l’Italia. Prima dell’inasprimento delle sanzioni, come conferma un’analisi di Sace, l’interscambio con Teheran ammontava a 7,2 miliardi.

Un volume d’affari crollato a 1,6 miliardi nel 2014. La sola meccanica strumentale (pesa per il 57,9% sull’attuale export) nell’ultimo quinquennio ha visto dimezzarsi il valore annuo dei beni venduti, da circa 1,3 miliardi a meno di 700 milioni. L’Italia è in corsa per recuperare il terreno perduto (secondo Sace la rimozione dei vincoli potrà portare a un incremento dell’export di 3 miliardi nel quadriennio 2015-2018), ma in questi anni è rimasto comunque il nono esportatore in Iran. Gli scambi non si sono mai interrotti, come conferma tra gli altri Alberto Presezzi, titolare della Bruno Presezzi di Burago di Molgora, attiva nell’impiantistica e power generation. Presezzi, ha da poco rilevato dal commissariamento la Franco Tosi di Legnano e punta proprio sulle commesse iraniane per rilanciarne il business. I produttori siderurgici italiani guardano invece con interesse all’Iran come potenziale fornitore di preridotto, semilavorato utile per alimentare le acciaierie garantendo maggiore qualità. Ma il paese asiatico non è solo energia e oil&gas. Stanno rinnovando i rapporti con il mercato iraniano, per esempio, anche imprenditori come Giambattista Pedrini, ad della Pedrini di Carobbio (Bg), produttore di macchine per la lavorazione del marmo.

Fonti:
Matteo Meneghello – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/a3V73w
The Story Group

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