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Il 2015 per Comau è stato un anno record. Il fatturato raggiungerà circa 2 miliardi, contro gli 1,6 del 2014. Una crescita organica, fatta senza acquisizioni. Siamo riusciti a guadagnare quote di mercato importanti nei confronti dei concorrenti giapponesi e tedeschi. I profitti aumentano, ma soprattutto abbiamo iniziato a lavorare con nuovi clienti». Uno su tutti: la Tesla di Elon Musk, il nuovo «re» della Silicon Valley. «Ci siamo lanciati in un’avventura con un outsider e abbiamo dovuto imparare a lavorare in modo molto innovativo. Ci sta dando grandi soddisfazioni».

Mauro Fenzi sorride. L’uomo dei robot, ingegnere, dallo scorso aprile è l’amministratore delegato di Comau, società del gruppo Fiat Chrysler che da oltre quarant’anni è leader globale nella robotica industriale e automazione avanzata. «I nostri sistemi aiutano a costruire due terzi delle auto mondiali», spiega dal suo ufficio di Grugliasco, appena fuori Torino. «Ma lavoriamo anche su aerei, treni, veicoli industriali e nella General Industry. Voglio inoltre segnalare il nostro impegno nel realizzare, in accordo con quelle start-up che seguiamo con maggiore interesse, la prima preserie della produzione, quella più critica, per valutare la concreta fattibilità del progetto».

Ingegnere, quali sono gli obiettivi per il 2016?
«Il primo è consolidare la quota. Abbiamo fatto una corsa importante, è il momento di presidiare il mercato. Soprattutto, però, sarà l’anno dell’innovazione».

Che cosa significa?
«Abbiamo un piano che punta tantissimo sulla cosiddetta “easy automation”. L’automazione è complicata e i clienti devono sfruttarla al 100%. Vogliamo aprire a tutti l’automazione, rendendola più semplice».

In che modo?
«Il prodotto deve essere personalizzabile in tempi rapidi. Un esempio: l’automazione sta raggiungendo anche i negozi. Quando una persona entra per scegliere un articolo lo vuole su misura, con i suoi colori e i suoi dettagli. L’unica possibilità, dunque, è fabbricarlo, o assemblarlo, davanti agli occhi del cliente. Una rivoluzione gigantesca. E noi ci siamo».

La storia di Comau è lunga oltre 40 anni. Come si è evoluta?
«Le fabbriche cambiano, i nostri prodotti anche: li stiamo reinterpretando. Penso a Racer3, il robot più veloce al mondo nella sua categoria, dal costo contenuto ».

E poi c’è Amico…
«Amico è un robot umanoide, un oggetto di tecnologia, stile e design: ha braccia, mani sensorizzate, una visione. Permette di fare manipolazione senza ricorrere a tools aggiuntivi: con una mano può prendere il prodotto, e con l’altra lavorarci sopra. Si può rivelare molto utile nella fabbricazione di oggetti le cui caratteristiche tecniche e produttive variano con grande frequenza. Penso per esempio agli occhiali».

Che cosa serve per fare innovazione?
«L’asset più importante sono le persone, vanno coordinate nel miglior modo possibile. Noi siamo molto aperti. Oggi la robotica viene fatta più nei garage dei ragazzi che nelle grandi multinazionali, e ci siamo adattati: abbiamo contatti giornalieri con start-up di tutto il mondo, da San Diego all’Italia, spesso mi trovo su Skype a fare videoconferenze con ragazzini che vivono dall’altra parte del globo. Lavorano in modo rivoluzionario: sviluppano prodotti nuovi con budget bassissimi e in tempi super-rapidi».

Che differenze vede tra le start-up italiane e quelle della Silicon Valley?
«In Italia siamo bravissimi nella parte creativa, c’è grande ricchezza di idee. Gli americani sono più efficaci nell’approccio al business. Però la cultura tecnologica nel nostro Paese è fortissima. Bisogna crederci».

Come?
«La nostra Comau Academy organizza programmi intensivi di formazione dedicati agli studenti universitari, che durano qualche settimana e permettono loro di “assaggiare” l’azienda. Poi c’è la scuola in automazione industriale, un master realizzato insieme al Politecnico di Torino. Dura due anni, e nelle ultime quattro edizioni abbiamo assunto tutti i partecipanti, al ritmo di una ventina all’anno. Nel 2016 lanceremo la terza scuola, per i manager, che guarderà più alla gestione. Dobbiamo insegnare ai nostri clienti a lavorare con l’automazione».

Per questo lei, insieme ad altri colleghi, ha scritto anche due libri, una sorta di kit per i manager dell’innovazione..
«Abbiamo deciso con un po’ di coraggio di raccontare come lavora Comau, raccogliendo gli strumenti che utilizziamo in giro per il mondo. Il primo volume era dedicato alla gestione delle risorse e dei progetti, il secondo sulla gestione della multiculturalità. Le pubblicazioni sono in tre lingue, e il Paese in cui sono state accolte meglio è la Cina».

A proposito. Entro il 2017 la Cina diventerà il primo Paese al mondo per numero di automi. Voi siete presenti fin dal 1994: la domanda è davvero così forte?
«Abbiamo più di mille persone, e tre diverse sedi. Siamo tra i leader, abbiamo da poco aperto una fabbrica focalizzata sui robot. Pechino, anche se l’economia ha un po’ frenato, ha una grande necessità di convertire processi manuali in processi automatici per mantenere i costi competitivi. Nel giro di tre anni, per noi, le vendite in Cina sorpasseranno quelle di tutto il resto del mondo».

Il resto del fatturato attualmente dove viene realizzato?
«Realizziamo un buon 25% del mercato in Nord America, abbiamo una presenza fondamentale in America del Sud. E in Europa, praticamente, siamo presenti in tutti i Paesi».

Ingegnere, davvero i robot ruberanno il lavoro agli esseri umani?
«Fino ad oggi hanno sostituito l’uomo nei compiti più logoranti e pericolosi. Ma tra breve robot ed esseri umani collaboreranno ancora più strettamente».

Fonte: LaStampa

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